Ken Goldberg contribuisce a GAME OVER.Loading con l’incredibile racconto di «AlphaGarden, ricerca all’avanguardia in corso presso il laboratorio di robotica dell’Università di Berkeley, per lo sviluppo di un’Intelligenza Artificiale applicata ad una policoltura. Possono gli umani addestrate un sistema di controllo robotico che la possa crescere in totale autonomia? Proseguimento di un progetto pionieristico degli anni ’90 che permetteva agli utenti di internet di piantare un giardino attraverso un braccio robotico, diventa un importante momento di riflessione sul futuro, mettendo in mostra tutta la bellezza della natura e le potenzialità dell’Intelligenza Artificiale ma anche i suoi limiti. L’intervista si è svolta via e-mail il 12 febbraio, 2021.
Elena Giulia Rossi: «AlphaGarden mette in risalto la bellezza della natura ed espone i limiti dell’IA e dei robot». In riferimento a questa tua affermazione iniziale, a questo punto del progetto, quali risultati ti hanno sorpreso rispetto alle aspettative?
Ken Goldberg: Quell’affermazione risale all’autunno 2019, quindi la sorpresa più grande è stato il Covid-19 nella primavera 2020 che ha dimostrato il potere sublime della natura e ha esposto in modo drammatico i limiti dell’IA e dei robot. Il Covid-19 ha avuto un effetto diretto su AlphaGarden, perché non ci è stato permesso di accedere alla serra, quindi il giardino è rimasto senza irrigazione e abbiamo assistito impotenti attraverso la telecamera alla sua lenta morte, consumatasi nell’arco di settimane. Ci ha ricordato visivamente Guernica di Picasso.
Quali sono i criteri di selezione per le specie e per la distribuzione dei semi?
Cerchiamo diverse specie di erbe commestibili, che variano in termini di tempi di germinazione e maturazione, forma delle foglie, ecc. La distribuzione dei semi è una questione molto delicata, inizialmente li abbiamo distribuiti in modo casuale, ma in futuro li pianteremo secondo modelli matematici che stiamo sviluppando.
«AlphaGarden non presuppone che il giardino fiorisca». Lei sfida l’interazione tra natura e macchina con un esperimento estremo che chiama in causa intelligenza naturale e artificiale, realtà e simulazione. Il monitoraggio della pluricoltura potrebbe, allo stesso tempo, fornire spunti per ottimizzare la distribuzione dei semi? Potrebbe essere una sfida verso qualche tipo di miglioramento ecologico, al di là dell’automatizzazione?
Forse! La ricerca è in corso. Ecco qualche studio iniziale: AlphaGarden: Learning Seed Placement and Automation Policies For Polyculture Farming with Companion Plants. Yahav Avigal, Anna Deza, William Wong, Sebastian Oehme, Mark Presten, Mark Theis, Jackson Chui, Paul Shao, Huang Huang, Atsunobu Kotani, Satvik Sharma, Michael Luo, Stefano Carpin, Joshua H. Viers, Stavros Vougioukas, Ken Goldberg [potete scaricare qui il testo in inglese]
Qual è il ruolo dell’essere umano in questo esperimento? In che misura gli viene consentito di intervenire nel processo?
A oggi potiamo manualmente, ma stiamo sviluppando uno strumento di potatura automatica, vogliamo esplorare la possibilità di un giardino completamente automatizzato, senza intervento umano.
Questo lavoro deriva da Telegarden, iniziato nel 1995 come installazione artistica che permetteva agli utenti del web di visualizzare un giardino remoto pieno di piante vive e interagire con loro. Gli utenti da remoto potevano piantare, innaffiare e monitorare il progresso della semina attraverso un braccio robotico e una telecamera. A quel tempo, Internet aveva appena iniziato a entrare nella nostra quotidianità. La possibilità di operare da remoto era una sensazione e un’opportunità nuove. Rappresentava anche una metafora dell’ecologia sociale della rete… L’installazione è durata nove anni, un lasso di tempo molto ampio considerando quanto velocemente si sono mosse la tecnologia e la società.
Quali risultati ti hanno sorpreso di più in relazione al giardino fisico e all’ecologia sociale della rete? Hai utilizzato qualche criterio particolare per la scelta e la distribuzione dei semi?
In Telegarden non c’era l’IA, era un lavoro che riguardava Internet stesso e l’interazione sociale tra i partecipanti. Lasciavamo che questi ultimi piantassero dove volevano. La sorpresa è stata quante persone hanno partecipato e quante sono tornate più volte.
In occasione del tuo recente intervento alla Maker Art Fair (curata da Valentino Catricalà), e in risposta a Laura Leuzzi che ti chiedeva cosa ti avesse spinto nel mondo dell’arte provenendo da una formazione da ingegnere, hai detto di aver sempre voluto essere un artista. Cosa significa essere artista per te?
Qualcuno che crea nuove immagini o esperienze che mettono in discussione i luoghi comuni.
Cosa significa la cultura per la società e cosa potrebbe significare se fosse riportata ad un’epoca in cui ars comprendeva qualsiasi tipo di disciplina applicata?
Ci sono così tante risposte a questa domanda. In qualche modo questo era il focus di ACT, un programma di lectures su arte, tecnologia e cultura all’Università di Berkeley che ho avviato nel 1997. Si è trattato di un crogiolo di idee di caratura internazionale, dove le menti creative sono fonte di ispirazione per la prossima generazione di artisti e pensatori. Sempre gratuite e aperte al pubblico, le conferenze sono coordinate dal Berkeley Center for New Media e hanno visto la partecipazione di oltre duecento importanti artisti, scrittori e critici, come Vito Acconci, Doug Aitken, Laurie Anderson, David Byrne, Sophie Calle, Gary Hill, Pierre Huyghe, Miranda July, Billy Kluver, Bruno Latour, Maya Lin e Charles Ray. Tutti hanno messo in discussione i luoghi comuni e con l’intenzione di superare gli estremi avamposti dell’arte, della tecnologia e della cultura. [Il sito è in inglese ma è possibile consultare qui la home page di ATC con la lista dei relatori e iscriversi alla mailing list]
immagini: (cover) Ken Goldberg, portrait (2) Ken Goldberg, Alpha Garden, sketch (3) Ken Goldberg, The Telegarden, 1994 – 2004, Ars Electronica Museum. Video: 1) Alphagarden, documentazione in occasione del lancio; 2) documentazione di Telegarden; 3 Intervento di Ken Goldberg alla Maker Art Fair, a cura di Valentino Catricalà e in dialogo con Laura Leuzzi.
Ken Goldberg è artista e professore di ingegneria presso UC Berkeley. Goldberg esplora l’intersezione del mondo tecnologico con quello naturale. I suoi lavori comprendono giardini curati da un robot controllato da più di 100,000 persone via internet, uno modello in scala di 1/ milione di Fallingwater di Frank Llyod Wright, e un corto sui robot e sull’identità ebraica. I suoi progetto sono stati esposti in istituzioni quali. Whitney Biennial, Biennale di Venezia, Pompidou Center (Parigi), Walker Art Center (Minneapolis), Ars Electronica (Linz Austria), ZKM (Karlsruhe), ICC Biennale (Tokyo), Kwangju Biennale (Seoul), Artists Space, e The Kitchen (New York). E’ fondatore e direttore di Berkeley’s Art, Technology, e Culture Colloquium ed ha coperto posizioni di visiting lecturer presso il San Francisco Art Institute, MIT Media Lab, e Pasadena Art Center. Goldberg è stato riconosciuto con il National Science Foundation Young Investigator Award (1994), NSF Presidential Faculty Fellowship (1995), ed è stato nominato IEEE Fellow nel 2005. Il suo lavoro è conservato nelle collezioni permanenti di: Berkeley Art Museum, Nevada Museum of Art, Whitney Museum of American Art. Goldberg è rappresentato da Catharine Clark Gallery a San Francisco.
L’intervista a Ken Goldberg è parte di Loading, fase preliminare di GAME OVER, progetto finalizzato alla ricerca e allo studio di nuove «entità culturali», persone, oggetti o ricerche provenienti da diversi ambiti disciplinari (i.e. fisica, bio-robotica, AI, agricoltura, medicina) e al loro traghettamento nel mondo dell’arte. Si tratta di una ricerca ma anche di un gesto che va oltre il semplice dialogo interdisciplinare e diventa piuttosto radicale: un vero e proprio ‘trapianto’ di ambiti di ricerca indirizzato alla predisposizione di future c(o)ulture, dove la «creatività» corrisponde ad «invenzione» ed «invenzione» corrisponde a contribuire ad una trasformazione. Una scintilla, un segnale di mutazione genetica, un cambio di direzione, un cortocircuito. Un’energia diversa che sia il segnale di un cambiamento in atto e che possa costituire nuova linfa vitale per il sistema della Cultura. Questa prima fase è una fase investigativa e si rivolge a visionari, pensatori ibridi di vari settori, inclusi quelli della cultura, che possano esprimersi sulle necessità attuali, ciascuno in relazione al proprio ambito disciplinare e, in linea più generale, nel rispetto della cultura e della società ad ampio raggio. Project team: Anita Calà Founder and Artistic Director of VILLAM | Elena Giulia Rossi, Editorial Director of Arshake | Giulia Pilieci: VILLAM Project Assistant and Press Office | Chiara Bertini: Curator, Coordinator of cultural projects and collaborator of GAME OVER – Future C(o)ulture | Valeria Coratella Project Assistant of GAME OVER – Future C(o)ulture. Interviste e interventi precedenti: Intervista di Azzurra Immediato ad Amerigo Mariotti (Arshake, 25.02.2021);Intervista a Primavera De Filippi di Elena Giulia Rossi (Arshake, 21.01,2021); Intervista a Valentino Catricalà di Anita Calà e Elena Giulia Rossi (Arshake, 04.02.2021); Intervista multipla di Stefano Cagol a Antonio Lampis, Sarah Rigotti, Tobias Rehberger, Michele Lanzinger, Stefano Cagol (Arshake, 11.02.2021); Intervento video di Andrea Concas (Arshake, 18.02.2021); Intervista di Azzurra Immediato a Leonardo Jaumann(Arshake, 28.01.2021);Intervista di Stefano Cagol a Peter Greenway (Parte seconda di We Need a Golem, Arshake, 04.03.2021), Intervento di Giulio Alvigini, Bye Bye Boomer, Game Over Art World! (Arshake, 11.03.2021)